lunedì 4 aprile 2011

INTERVISTA A LORENZO LOMBARDI (di DANIELE FRANCARDI su "TERRORE ITALIANO")


Cosa ti ha spinto a realizzare un film come "In the Market", e quindi a confrontarti con un genere che qui in Italia spesso incontra difficoltà di mercato?
“In the Market” è nato da varie suggestioni e da un’idea produttiva molto interessante. Mi piace molto stimolare lo spettatore e spiazzarlo, anche con cambi di registro. “In the Market”è un film road-movie che per “una serie di sfortunati eventi” si trasforma ben presto per i tre protagonisti in un horror/splatter senza fine. Giocare con location in forte antitesi con il genere per esempio è una cosa che mi diverte molto. Il Market è una location che mi ha sempre affascinato, sono uno che guarda molto, un curioso incallito, e quando mi trovo in un centro commerciale, per me è come essere nel “Paese dei balocchi”. Quindi diciamo che l’idea produttiva di girare un horror in un supermercato, invece che in una casa nel bosco vicino al cimitero, mi stuzzicava molto di più. Come molti horror mi piaceva dare il nome al film riprendendolo dal luogo dove si svolge il massacro, e così è nato il titolo “In the Market”. Produttivamente, essendo un film a basso costo, la location era molto importante, perché un Market offre moltissimi spunti. La prima distinzione la si può fare fra giorno e notte: di giorno il Market è un posto accogliente, illuminato e pieno di gente; di notte, al buoi, può essere il posto peggiore dove non vorresti essere! Ci siamo così divertiti a fantasticare con i luoghi che potevamo sfruttare: dai vari reparti alla toilette, dalla macelleria alle celle frigorifere, dai condotti dell’aria condizionata al parcheggio sotterraneo.
In Italia, l’horror ha molti fan, ma le distribuzioni non vogliono rischiare e quindi spesso scelgono l’horror straniero, basandosi sugli incassi nel Paese d’origine. Non credo che oggi per l’horror sia più importante il cast o il nome del regista, a meno che non ti chiami Wes Craven, George A. Romero o John Carpenter, che tutto sommato i loro grattacapi distributivi, a volte ce li hanno anche loro. Io sono uno che inizialmente credeva nelle produzioni e distribuzioni, oggi sono estremamente convito che chi fa da sé, fa molto più di tre! A parte il luogo comune, nel mio caso mi sono dato da fare in primis e ho creato la mia casa di produzione/distribuzione WHITEROSE PICTURES. Sono ferreo sostenitore del fatto che bisogna essere imprenditori di sé stessi e del fatto che un mio prodotto possa essere promosso con molta più cognizione da me stesso che da altri. Non dico che potrà essere così per sempre, ma sicuramente, con il mio staff, ho gettato le basi per un futuro.

2. "In the Market" è un torture-porn a tutti gli effetti. Immagino che ti sei maggiormente ispirato a film moderni come "Hostel" o "Saw".
“In the Market” è un torture-porn, e ho voluto che fosse così, proprio perché, i film che dal 2000 ad oggi, mi hanno incuriosito di più sono proprio "Hostel" e "Saw". Due film diversi che in comune hanno proprio lo splatter e la voglia voyeuristica nel mostrare la tortura. In comune questi due film hanno anche il fatto di aver avuto un grande consenso da parte del pubblico. Mi piaceva realizzare un film in stile americano con i migliori effetti speciali italiani. Un film con torture alla “Hostel” ma con un villain di turno più tendente a Jigsaw o a Hannibal Lecter. “In the Market” è un film contaminato anche dal genere “pulp” e dallo stile di Quentin Tarantino che ho voluto omaggiare più volte nel film, specie nella prima parte.
Gli altri cult a cui mi sono ispirato sono: “Thelma & Louise” di Ridley Scott, “The Fog” di John Carpenter, “Non Aprite Quella Porta” di Tobe Hooper.

3. Nella prima parte del tuo film trasmetti una grande passione per Quentin Tarantino. Lo consideri un regista simbolo del cinema del nuovo millennio?
Stimo molto Quentin Tarantino, sono un suo fan sfegatato. Nei nostri studi abbiamo i manifesti di tutti i suoi film, la katana di “Kill Bill”, il portafogli di “Pulp Fiction”, action-figures e tanto altro; addirittura la nostra sala riunioni è stata intitolata a lui. E’ sicuramente uno degli autori più importanti del panorama internazionale. Ha uno stile inconfondibile e soprattutto apprezzo molto come cura i propri progetti, dalla sceneggiatura, alle musiche, alla fotografia, al cast. Realizza movimenti di macchina magistrali e scene sorprendenti. Indubbiamente è un’icona del cinema e ultimamente, grazie al colpo gobbo di “Bastardi senza Gloria”, sta acquisendo sempre più fan, che poi ripercorrono tutta la sua carriera.
Ho avuto la fortuna di incontralo di persona, quest’anno al Lido durante la Mostra d’Arte Cinematografica. Ho scambiato quattro chiacchiere con lui, con il cuore che mi andava a mille e sono riuscito a consegnare nelle sue mani una copia di “In the Market”. È stato un sogno realizzato.

4. Ci sono stati dei particolari fatti di cronaca nera che ti hanno ispirato per costruire la storia di "In the Market"?
Sì, “In the Market” si ispira a fatti realmente accaduti in Texas nel 2005. Durante la stesura della sceneggiatura del film, un giorno, navigando su internet, mi sono imbattuto in un documento della polizia del Texas, un cosiddetto “Missing Person Report”, che parlava di tre ragazzi che avevo intrapreso un viaggio senza più farne ritorno. Ancora oggi non si conosce la fine di questi tre amici, un ragazzo e due ragazze, ma si hanno solamente alcune testimonianze di persone che li hanno visti entrare nel market “Adam’s Market Inc.” di Belen in New Mexico. Da lì in poi non hanno più loro tracce e giorni dopo, la loro jeep wrangler è stata ritrovata nel deposito cittadino.

5. Tra il cast del tuo film troviamo Ottaviano Blitch, che dal mio punto di vista ha reso benissimo l'interpretazione del suo personaggio, uno spietato macellaio cannibale. Come è stato lavorare con lui?
Ottaviano è un “personaggio” anche nella vita. Una persona stimolante e con tanta voglia di fare e di mettersi in gioco. È stato fantastico averlo nel cast e soprattutto la sua interpretazione ha reso il personaggio di Adam, il macellaio cannibale, elettrizzante. Ha lavorato molto sul personaggio, rendendolo unico e ricco di movenze particolari e tic. Lavorare con lui è stata per me un bellissima esperienza che mi ha arricchito moltissimo e come dico sempre, non credo che in Italia ci potesse essere un attore che poteva interpretare meglio di lui quel ruolo.

6. Nel tuo film il supermercato, luogo di consumismo, assume un ruolo molto fondamentale. C'è un messaggio particolare che hai voluto trasmettere?
Ti ringrazio per questa domanda. George A. Romero in questo ha fatto scuola! Il mio Market voleva essere il luogo del consumismo per eccellenza che ammalia i tre ragazzi come la casetta di marzapane in Hansel e Gretel, per poi trasformarsi nel posto peggiore della loro vita. La didascalia potrebbe essere: “Il consumismo uccide!”. Ma in genere qualsiasi cosa usata in maniera smodata può portare a conseguenza inaspettate. In maniera velata, il film vuole far riflettere anche sulla società e sull’uomo, che posto agli stremi, può anche uccidere per la propria sopravvivenza o per altre bieche intenzioni. Infondo, nella vita, come in un film horror, c’è sempre chi nasce preda e chi predatore.

7. Quale è stato il budget di "In the Market"?
Il budget del film si aggira intorno ai 20.000 €, un film fatto con molto entusiasmo e in theCoproducers. Molto del budget è stato impiegato per i mezzi e la strumentazione del film per dare quanta più qualità audio e video possibile. E credo che questo sia un pregio per il film, averlo realizzato con un costo molto basso ma con i requisiti tecnici giusti.

8. Ti piacerebbe in futuro realizzare un altro horror, o preferiresti confrontarti con altri generi cinematografici?
L’horror è un genere che mi piace molto e mi diverte realizzare; non nascondo che mi piacerebbe sperimentare anche altri filoni. Come dico sempre: “A me non interessa il genere, ma bensì il progetto” e quindi mi potrei trovare a fare anche un drammatico. In questo momento stiamo valutando alcuni nuovi pitch da scegliere per poter realizzare una nuova sceneggiatura e devo dire che sono vari come genere, anche se i più forti come impatto sono sicuramente di taglio horror!

Daniele Francardi

INTERVISTA A LORENZO LOMBARDI (di MATTEO PIZZO FANTOZZI su "DIRETTANEWS.it")


Il giovane regista Lorenzo Lombardi ha esordito, anche perchè la sua opera prima non ha visto luce nelle sale, dietro la macchina da presa con lo sconvolgente ‘In the Market’. Il giovane ha dimostrato un nuovo modo di fare cinema, più libero e meno legato alle solite convenzioni. Una ventata d’aria fresca su un mondo che sta li li per addormentarsi.
Lorenzo Lombardi ci ha concesso una lunga intervista, in cui ci ha rivelato tutti i segreti del suo mondo.

Cosa vuol dire fare cinema in Italia per un giovane come te?
Diciamo che fare cinema in Italia non è la cosa più facile che si possa fare e nemmeno quella più ovvia che possa venire in mente, tantomeno se si è giovani. Io ho ventiquattro anni e ho intrapreso questa scelta di vita subito dopo gli studi superiori. Prima ho realizzato corti con gli amici, ma poi subito dopo, è scattata una molla concreta. Ho avuto molte porte chiuse, magari fossero state chiuse in faccia… Solo chiuse. Sto parlando a livello produttivo e distributivo, naturalmente. In Italia, purtroppo non si valuta il progetto, ma soprattutto il nome; non dico che questo sia giusto o sbagliato, dico solo che un giovane che vuole fare cinema non ha il modo di poterlo dimostrare, se non amatorialmente. Per quanto mi riguarda ho fatto una scelta qualche anno fa e dalla mia parte ho avuto uno staff amico che mi ha affiancato. Ho aperto WHITEROSE PICTURES la mia casa di produzione e distribuzione, che non cura solo i miei prodotti, e lo fa dalla pre-produzione alla produzione stessa fino ad arrivare alla post-produzione e promozione del prodotto finito. In questa maniera sono riuscito a creare un staff specializzato e una concretezza lavorativa che piano piano si sta espandendo.

La tua esperienza con “In The Market” cosa ti ha lasciato?
“In the Market” per me è stato il primo vero risultato raggiunto con le mie mani. È il mio secondo film, ma il primo che è riuscito a raggiungere la sala cinematografica. Di sicuro ha fatto parlare un po’ in giro e ha fatto conoscere il mio lavoro e quello del mio staff. Se oggi ripenso ad “In the Market”, ho un bellissimo ricordo, anche se nella fase delle riprese ho dovuto superare non poche difficoltà. Quando si fa un film è come essere in una macchina in corsa senza freni e bisogna guidarla al meglio finché la benzina non è finita! Mi ricordo il caldo impressionante delle riprese road, dove stavamo dalla mattina al tramonto per strada senza un filo d’ombra in pieno luglio, mi ricordo le notti insonni per girare gli interni del macello e del Market, ma mi ricordo anche la gioia mista al rammarico del fine riprese.
“In the Market” mi ha insegnato molto, come diceva Kubrick: “Fare un film è la miglior scuola per imparare a fare un film!”. Sicuramente è stata un’ottima scuola, che mi ha reso veloce nelle decisioni e nella risoluzione degli imprevisti, e quando giri un film, purtroppo capitano!

Il nostro paese è in crisi, quali sono i riflessi che si vedono sul mondo del cinema?
Nella produzione di film, di certo abbiamo un grosso calo dagli anni d’oro del cinema italiano, d’altro canto negli ultimi mesi stiamo assistendo ad una piccola rinascita del cinema nostrano, con incassi al botteghino molto alti e con una nuova voglia di fare cinema. Non mi sbilancio sulla qualità dei film che ci propinano le major, ma a breve avremo anche risultati interessanti con i nuovi film di Nanni Moretti, “Habemus Papam” o “This Must Be the Place” di Paolo Sorrentino e per restare nell’horror con il “Dracula” di Dario Argento.
In un periodo di crisi, forse il cinema è uno dei pochi divertimenti che restano vivi, anche perché il biglietto cinematografico ha un costo inferiore di tanti altri passatempi, speriamo solo che non si pensi di far del bene a questo aumentando il costo del biglietto di più del 10% (1€ in più sul biglietto vuol dire questo!).

Una domanda che sembra banale ma non lo è… Come ti sei innamorato del cinema?
E’ una domanda molto bella, invece, ti ringrazio. Quando frequentavo le scuole medie, guardavo una serie-tv, che appassionava anche molti miei amici e di cui sicuramente ti ricorderai anche tu: “Dawson’s Creek”. Tutti i personaggi di questa serie erano fantastici, ma quello in cui mi rispecchiavo di più era Dawson; lui aveva un sogno: quello di diventare regista. In quegli anni ci divertivamo molto anche a realizzare qualche corto, che poi guardavamo in famiglia, ma da lì in poi mi sono avvicinato sempre di più al mondo del cinema, ho fatto molti corsi, ho studiato al D.a.m.s. di Roma, guardato numerosi film e soprattutto ho sempre avuto una smodata voglia di guardarmi attorno e di raccontare agli altri ciò che vedevo e m’incuriosiva, fermandolo con l’obbiettivo di una telecamera. Ripensando un po’ anche alla mia infanzia, non nego di aver acquisito la passione della ripresa da mio padre che ad ogni ricorrenza o vacanza riprendeva sempre tutto. Il suo hobby è poi diventato il mio e da hobby è passato ad un lavoro che faccio con tutto me stesso ed è forse la mia più importante forma di espressione, nonché ragione di vita.

Matteo Pizzo Fantozzi

INTERVISTA A LORENZO LOMBARDI (di BARBARA MACCARI su "VIEW POINT")


VIEW POINT - Marzo 2011
Intervista esclusiva al regista umbro Lorenzo Lombardi

"IN THE MARKET" su NOCTURNO: SPECIALE DOSSIER CINEMA INDIPENDENTE